Etna verso la DOCG, il Consorzio accelera
«I vini dell’Etna
potrebbero avere la nuova denominazione DOCG (Origine Controllata e Garantita) già in vigna nel 2026. Se il Ministero
riceve le firme entro dicembre, l’avanzamento della procedura in tempi brevi è un obiettivo difficile ma non
irrealizzabile». Queste le parole del vicecapo di Gabinetto MASAF Patrizio D'Andrea, ospite a Catania del convegno “Opportunità
e strumenti per la crescita del sistema Etna Wine”, che si è svolto durante la giornata di ieri (30
ottobre). «Per chiedere il passaggio
da DOC a DOCG – ha continuato D’Andrea – è necessario che la
richiesta sia sostenuta dal 51% dei produttori che rappresentino anche il 51%
della superficie coinvolta». Una soglia che per essere raggiunta necessita ancora di un
centinaio di firme, in considerazione che in poco più di dieci anni i
viticoltori sono quasi raddoppiati: da 203 nel 2013 a 474 nel 2024. 
«Il territorio “Etna” – ha
aggiunto il consigliere del Consorzio di Tutela Etna Doc Marco Nicolosi – è caratterizzato da tantissime micro-produzioni diffuse e conferimenti frazionati. Come consorzio abbiamo già la superficie minima per poter richiedere la DOCG, ma adesso l’obiettivo è
ambizioso: coinvolgere i piccoli agricoltori, informarli, raccogliere i
documenti e inviare tutto al Ministero entro il 2025, per riuscire a centrare l’obiettivo per la prossima vendemmia». La DOCG implica controlli in produzione più stringenti e quindi
denota un livello di qualità superiore: analisi chimico-fisiche e sensoriali eseguite da
una commissione ministeriale, un numero di serie sul sigillo di
Stato per ogni bottiglia. Tutto ciò determina la possibilità di
assicurare una qualità eccellente e costante; una valorizzazione
strategica, con benefici economici e d’immagine: un passo importante verso
l’eccellenza, da raggiungere con una regia unica e un sistema integrato che
coinvolga amministrazioni, imprese e Università. Fondamentale, dunque, la presenza durante il
focus del mondo accademico con il direttore del Di3A Unict Mario
D’Amico e il rettore dell’Università di Catania Enrico
Foti. «Stiamo creando la Fondazione dell’Ateneo che coinvolgerà diversi privati – ha
dichiarato il Magnifico – e quindi ci occuperemo di formazione
professionalizzante, cioè di tutti quei percorsi formativi che richiederanno in
aula la presenza di specialisti e non solo di docenti universitari. Sarà uno
strumento più snello dal punto di vista formale, ma con il marchio Unict che
rappresenta garanzia e qualità dell’attività didattica erogata». 
Per valorizzare il
patrimonio vitivinicolo dell'Etna, non potevano mancare coloro che governano i
comuni ai piedi del Vulcano. Pensiero comune dei sindaci etnei: fare
rete. «È importante essere insieme per poter sviluppare interventi
strategici che possano risolvere i problemi urgenti e ambire così ad obiettivi
di eccellenza che il contesto territoriale dell’Etna merita», ha dichiarato il primo cittadino di Sant'Alfio Alfio La Spina. «In questi primi 5 mesi di mandato – ha
aggiunto il sindaco di Castiglione di Sicilia Concetto Stagnitti – ho lavorato estendendomi
fuori dal territorio e trovando una sinergia con i comuni viciniori». Lo stesso tenore ha avuto
l’intervento del sindaco di Linguaglossa Luca
Stagnitta, seppur con un punto di domanda condiviso dalla platea: serve una
governance unitaria per costruire un Etna Wine System ancora più solido e
infrastrutturato, guardando ai grandi obiettivi internazionali, ma cercando
prima di risolvere le piccole criticità territoriali: dai rifiuti alle risorse
idriche, passando per l’organizzazione di eventi non circoscritti al singolo
comune, ma dai confini più estesi.
Il focus – organizzato da
Mada Vinea, rappresentata da Daniele Cianciolo - ha visto un susseguirsi
di personalità che hanno trattato il brand “Etna”, come docenti quali
il professore dell’Università di Bologna Corrado
Caruso e i professori dell’Università di Catania Bruno
Caruso e Salvatore
Barbagallo - già assessore
all'Agricoltura Regione Siciliana - e il presidente di
Coldiretti Sicilia Francesco
Ferreri. L’architetto Filippo Bricolo ha poi evidenziato il rapporto strategico tra architettura e vino: « Pensare la cantina come
progetto architettonico significa narrare come il vino dialoga con il
territorio: una direzione che molte cantine in Italia stanno abbracciando». Il convegno si è concluso con una tavola rotonda con esperti e personalità che ha messo in evidenza l’apertura a Mascalucia di una sede etnea
dell’Istituto regionale dell’Olio e del Vino; la possibilità di esplorare con i
nostri vini il mercato Brasiliano – ancora vergine - grazie al ponte con il
Consolato generale d’Italia a Porto Alegre (in collegamento il Console Valerio
Caruso); la necessità di valorizzare le figure professionali che ruotano
intorno alla filiera vitivinicola (partendo da chi sta in campo); e il ruolo
centrale dell’assessorato regionale per accelerare i programmi di sviluppo.
   

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