venerdì 13 agosto 2021

“Parcomania cronaca di un disastro annunciato”

 


Aree protette della Sicilia bruciano e gli ambientalisti fanno passerella

 

Tutto il verde che c’è in Sicilia se non è già bruciato sta bruciando. Si cerca di dare delle spiegazioni, di trovare il colpevole, di trovare i responsabili a cui addossare le colpe. Ultimamente sentiamo parlare di mafia del fotovoltaico: darebbero fuoco per poi impiantare i pannelli ma… Una domanda sorge spontanea: se tutto ciò che è andato in fumo o che sta bruciando si trova nei parchi regionali dei Nebrodi, delle Madonie, dell’Etna, o nelle Riserve Naturali Orientate o nelle oasi di protezione di tutte le nove province siciliane dove per legge non può essere fatto un impianto di pannelli fotovoltaici che si estende per ettari, di cosa stiamo parlando?

Qualche giorno è stato dato fuoco all’oasi del Simeto: un terribile scempio. Un amico ci manda un video del sopralluogo fatto da associazioni ambientaliste con tanto di ostentazione di bandiere e commenti dei rappresentanti: tutti sono d’accordo sulla cattiva gestione dell’oasi facendo capire che loro avrebbero gestito meglio.

Quindi un pensiero al pollo sultano che era stato reintrodotto, alla moretta tabaccata rara ma che nell’oasi aveva trovato rifugio e ai coniglietti e quindi comincia il racconto alla Disney: gli animali si sono rifugiati sugli alberi o nei giardini delle case adiacenti sono troppo vulnerabili bisogna impedire ai cacciatori di cacciare! Dimenticano forse che pollo sultano, moretta tabaccata non sono specie cacciabili e che in tutta quella zona la caccia è vietata!

E continuando, insistono che spesso sentivano i cacciatori sparare: per loro uno che spara in una zona vietata alla caccia ad un animale protetto è un cacciatore non un bracconiere …. e come se vedessimo un rapinatore entrare in banca e lo definissimo come un cliente che fa un prelievo!

L’ente responsabile dell’oasi del Simeto è l’ex provincia di Catania quindi non una associazione ambientalista … ha ottenuto nel mese di marzo 1585000,00 EURO forse è questo il problema?

Viene in mente un altro incendio capitato nel 2019 alle Saline di Priolo oasi gestita da una associazione ambientalista: come mai al direttore dell’oasi non sì chiesero spiegazioni e si tentò in tutta fretta di fargli avere prima possibile un finanziamento dalla regione?

È vero che questa è un’estate particolarmente calda ma gli altri anni gli incendi hanno colpito ugualmente e spesso in modo devastante principalmente le zone protette. Quindi è un problema cronico che dura da decenni.

Purtroppo la verità che si vuole nascondere è un’altra e si chiama PARCOMANIA ovvero la mummificazione dell’ambiente lasciato nel più completo abbandono pur di permettere a pochi individui di poter attingere a un fiume di denaro pubblico esercitando un potere smisurato sui territori soggetti a vincolo.

Potere di veto che è gestito in maniera dispotica nei confronti di chi in quell’ambiente ci vive, come i proprietari dei terreni, gli agricoltori, gli allevatori e tutti quei portatori di interesse che vivono in quell’ambiente che lo curano e ne traggono sostentamento a differenza degli ambientalisti da salotto.

Parlavamo di fiume di denaro pubblico uno di questi si chiama POFESR 2016-2020 Sicilia (vedi tabelle allegate alla presente mail: tab 1 e tab 2)

 


 


R.N.O. Isola di Lampedusa affidata a Legambiente, finanziamento di oltre 314000,00 euro per l’ERADICAZIONE DELLA PERNICE ROSSA: per essere chiari sterminio delle pernici tramite trappole e quindi traslocazione delle vertebre cervicali …… è brutto dire che gli tirano il collo!

Un momento: in effetti nel loro progetto non lo scrivono dicono che faranno riferimento al progetto di eradicazione della Pernice Rossa approvato per l’isola di Pianosa (protocollo di cattura/traslocazione/eradicazione dell’ibrido Alectoris rufa/Alectoris chukar dall’Isola di Pianosa)”

PROGETTO LIFE13 NAT/IT/000471 “RESTO CON LIFE” nel punto che dice:

5.3 Destino degli animali catturati

Gli ibridi di pernice catturati, per scongiurare rischi di inquinamento genetico di altre popolazioni, non potranno essere utilizzati per effettuare ripopolamenti in altri ambiti territoriali. Parte degli animali verrà quindi trasferita presso centri di recupero le cui strutture di detenzione dovranno garantire l’impossibilità di fuga degli ibridi stessi. In attesa del loro trasferimento presso tali centri, gli animali, una volta catturati, verranno trasportati in auto con apposite cassette e sacchi di iuta, e quindi rilasciati all’interno di un’ampia zona recintata, dotata di aree di rifugio idonee, con alberature ombreggianti e regolarmente rifornita di acqua e cibo. Ai soggetti verranno temporaneamente immobilizzate le remiganti primarie più esterne di un’ala utilizzando nastro adesivo rimovibile, allo scopo di ridurre la capacità di involo; la soluzione è preferibile rispetto alla costrizione di animali selvatici in ambienti chiusi dove sarebbero più probabili gli impatti sulle strutture di contenimento. Gli animali permarranno nell’area recintata per il minimo tempo necessario sufficiente a garantire il trasferimento sulla terraferma.

All’interno della recinzione verrà costruita un’ulteriore piccola struttura di contenimento che faciliterà la cattura degli ibridi al momento del loro trasferimento in terraferma.

Gli animali che non potranno essere ospitati presso i centri di recupero dovranno essere soppressi tramite dislocazione delle vertebre cervicali, secondo la tecnica raccomandata alle amministrazioni provinciali sul documento tecnico INFS n. 19, pag. 25 (Cocchi, 1996) e sempre in conformità con quanto stabilito dalla legge 394/1991.

5.4 Fase di abbattimento

Per eventuali singoli individui che non venissero catturati con i metodi appena descritti si valuterà l’opportunità di ricorrere all’abbattimento mediante arma da fuoco, eventualmente con l’ausilio di cani…

Ora la domanda sorge spontanea: ma se alla fine si farà ricorso a personale provvisto di cani e arma da fuoco perché non rivolgersi ai cacciatori risparmiando 314 mila euro? E poi trasferiti sulla terra ferma? Ma se non possono essere liberati!

 

La giustificazione è che trattandosi di specie alloctona mette in pericolo le specie esistenti e poiché non si può dare vita a degli ibridi sull’isola con la coturnice siciliana perché quest’ultima non è presente a Lampedusa, si dichiara che entra in competizione con la calandrella, un alaudide migratorio, quindi non stanziale, e inoltre che la Pernice Rossa si ciba di insetti particolarmente rari, ma soprattutto perché la sua presenza può spingere ad atti di bracconaggio: quindi per evitare che la catturino dei bracconieri le eradicano loro per la modica somma sopra menzionata! Siamo alla follia!

Noi avremmo in mente una proposta molto vantaggiosa e speriamo che ci sia la possibilità di essere ascoltati da persone di buon senso e che hanno potere di intervenire perché la presenza della Pernice Rossa deve essere vista come una risorsa che porta denaro e presenze all’isola di Lampedusa e non solo sbarchi incontrollati.

Pensate che paesi come Croazia e Serbia attirano il turismo cinofilo con prove cinofile internazionali su starne e noi potremmo fare lo stesso con la Pernice Rossa a Lampedusa portando turismo e denaro sull’isola anziché la distruzione. Purtroppo assurde leggi che non proteggono affatto l’ambiente ideate da incompetenti e che andrebbero riviste permettono questo scempio.

 

Le aree protette così come concepite ora, con il divieto di pascolo, transito e caccia con leggi che permettono solo a pochi eletti l’utilizzo del territorio posto a vincolo, sono fallimentari e questi incendi dimostrano l’abbandono di queste aree da parte dell’uomo. Qualsiasi analisi economico-ambientale seria, conferma il fallimento della gestione delle aree protette siciliane fino ad oggi, e il CRPPN, massimo organo tecnico consultivo dell’Assessore regionale all’Ambiente, formato anche dai rappresentanti delle principali associazioni ambientaliste, fa parte integrale di questo fallimento. (vedi in allegato la tabella con la “Situazione regionale aggiornata al 2012).

 

 


I parchi nazionali non stanno meglio. Secondo il rapporto triennale della Corte dei Conti 2014-2016 quasi tutti i parchi nazionali sono in perdita nonostante il 90% delle risorse provengano dallo stato. ECONOMIA E GESTIONE DEI PARCHI NAZIONALI IN ITALIA:

Ecco cosa dice la Corte dei Conti:

“L’esame dell’intero sistema degli Enti Parco evidenzia aspetti problematici, sia nell’attuazione della Legge quadro n. 394/91, sia di carattere gestionale ed economico-finanziario, riguardanti in particolare:

• la complessità delle procedure di adozione degli atti di pianificazione, che ha comportato un’eccessiva dilatazione dei tempi di approvazione, tanto che per molti, a distanza di oltre 26 anni dall’entrata in vigore della stessa, il relativo procedimento è ancora in itinere;

• l’inadeguatezza del modello organizzativo che, in quanto unico, non tiene conto delle caratteristiche e della dimensione territoriale e demografica di ciascun Ente; fra le fonti di finanziamento, l’assoluta prevalenza dei trasferimenti statali, la carenza di contributi finanziari degli Enti territoriali, la sostanziale irrilevanza delle entrate proprie;

una situazione di deficit economico strutturale di alcuni Enti Parco che richiede una particolare attenzione, anche da parte del Ministero vigilante.’’

 

Il percorso attuale di istituzione di aree protette sempre più sta assumendo i connotati di una vera e propria “espropriazione ambientalista”. Sentire in questi terribili giorni alcuni parlare ancora di istituire il Parco degli Iblei, un parco il cui iter istitutivo seguito fin qui contrasta in pieno con la legge quadro nazionale n. 394/91 e soprattutto non rispecchia la volontà della popolazione e del territorio, è stupefacente.

Invitiamo a leggere la diffida che nel mese di luglio del 2019 è stata presentata dai legali delle associazioni di categoria non favorevoli all’istituzione del parco in cui vengono evidenziate tutte le “anomalie”.

 

Non basta la designazione di “area protetta” per proteggerla veramente: ricordatevi che queste aree se sono arrivate intatte a noi è merito dei nostri padri e dei nostri nonni che hanno protetto e migliorato quei luoghi vivendoci in simbiosi non rimanendo in un salotto. Questi Maledetti incendi stanno cancellando la memoria dei nostri padri!

 

Qualcuno ha invocato l’arrivò dei Carabinieri forestali: noi anche quello della guardia di finanza e di un pool di magistrati!

 

In ogni caso le scriventi Associazioni si riservano di porre in essere le opportune azioni presso tutte le sedi competenti al fine di individuare le responsabilità che a diverso titolo hanno determinato il disastro ambientale cui stiamo assistendo.

 

Sicilia Nostra,

Liberi Cacciatori Siciliani,

Italcaccia,

A.N.C.A.

Agriambiente

 

 

1 commento:

  1. Tutto quanto scritto è una triste realtà, ma la cosa grave è che purtroppo le istituzioni preposte ai controlli non controllano affatto, come ad esempio la Corte dei Conti, che dovrebbe chiedere SPIEGAZIONI DETTAGLIATE come sono stati spesi i soldi PUBBLICI, ed inoltre addebitare le responsabilità civili e penali ai DIRETTORI delle riserve, dei parchi, e cosi via, PER DISASTRO AMBIENTALE.
    MA SAPPIAMO BENE CHE È MOLTO PIÙ SEMPLICE ADDOSSARE LA RESPONSABILITÀ AI CACCIATORI.

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