giovedì 2 novembre 2017

Venerdì 17 Novembre alla Mondadori di Piazza Roma a Catania, si presenta “Il colpo di coda” di Giuseppe Pelleriti






Venerdì 17 Novembre alle ore 18, alla Mondadori di Piazza Roma a Catania, Renato Pennisi presenta il libro “Il colpo di coda” di Giuseppe Pelleriti. Scritto con una leggera cadenza dialettale, “Il colpo di coda” è ispirato da una storia vera successa nell’immediato dopoguerra in un paesino dell’entroterra siciliano all’indomani della liberazione degli Alleati (1943-1946).  Cicciu Dottori è un comunista che vuole fare la rivoluzione, raccogliendo attorno a sé un nutrito schieramento di uomini, trasformandoli in banditi.  A Dottori e ai suoi ideali di libertà si contrappongono i carabinieri, il sindaco, il prefetto e l’alta borghesia. I banditi si offrono come sostituti dello Stato, ottenendo approvazione e larga ammirazione; condanna e desiderio di eliminazione. Una storia fatta di intrecci tra miseria, passioni, potere e criminalità. 

“Ho sempre avuto passione per la scrittura – dichiara Giuseppe Pelleriti - sin da ragazzo quando, agli inizi degli anni ’80, con alcuni amici fondammo un giornalino locale.In quegli anni, oltre ad avvalermi della scrittura per preparare inchieste o programmi che si occupavano di costume e società durante la mia attività di speaker radiofonico nelle radio libere, collaborai per un breve periodo con il giornale La Sicilia di Catania. Tuttavia i miei studi non seguirono la strada umanistica. A quel tempo era convinzione diffusa che per inseguire la sistemazione lavorativa bisognasse avere una formazione di tipo tecnico. E mi convinsi che quella sarebbe stata la scelta giusta. Viviamo in un mondo in cui per trovare occupazione lavorativa non devi seguire le tue attitudini e le tue passioni ma solo quello che vuole il mercato, e se ti va bene sei fortunato. La scrittura é sempre stato quindi un mio hobby privato. Sono anche un appassionato di storia, soprattutto della mia terra. Anche L’uso del linguaggio utilizzato nel romanzo evidenzia l'amore per la Sicilia e per la sua cultura millenaria (mi piace pensare che un giorno la lingua italiana possa evolversi non solo tramite l’influenza dell'inglese o della scrittura utilizzata con gli smartphone, ma anche grazie al contributo della “lingua siciliana”). Quando ad un certo punto le ricerche storiche svolte tra libri, rapporti dei carabinieri e testimonianze dirette incontrarono la mia immaginazione quello che era rimasto sopito per tanto tempo venne fuori con veemenza. Così è nato il romanzo “Il colpo di coda”.




Stralcio, Capitolo 1

La Fuga pg 15



Angilu Cocimano tornò dalla ‘uerra solamente con una ferita alla caviglia, che ogni tanto, al canciare del tempo, lo faceva zoppicare. L’attenzione a tenerisi lontano dagli atti di eroismo e di amore per la patria, lo avevano fatto tornare vivo alla so famigghia.

Era arraggiato col mondo intero per avere lasciato mugghiere e figghi nella fame chiù nera, per fare una ‘uerra che non sentiva essere la so.

«Era la ‘uerra di Mussolinu e di quel gran curnutu di Hìttila» diceva sempre, «non la mia!»

Pensava che al paìsi erano rimasti solo i raccomandati, che ingrassavano alla faccia so, mentre iddu doveva combattere anche per loro.

L’unico motivo che lo teneva ancora in quel posto friddo e disolato era la prioccupazione che lo avrebbero arrestato per diserzione, appena messo piedi in Sicilia. Ne aveva parlato diverse volte con un so paìsano, un certo Nunzio Enzabella, un tipo tosto che si dava da fare come poteva. Commerciava tutto quello che gli capitava per le mani e se non gli capitava, se lo faceva capitare. Sigarette, sapone e indumenti di ogni genere che, in quelle zone dove il friddo trasiva nelle carni chiù intime, erano molto cercati. E poi aveva una dote naturale Nunzio: sapeva sparari bono, col fucile non sbagliava un colpo.



Stralcio, Capitolo 8

Angila pg 65, 66



La vide fuori vicino alla stadda, che stava stendendo il bucato. Si chiamava Angila ed era maritata con uno di nome Arfiu che aveva fatto il portiere in un condominio di Catania. Da un poco di tempo però si erano trasferiti stabilmente in quella casa di campagna.

«Salutamu donna Angila.»

La fimmina lo taliò fissandolo. Lo aveva visto passare qualche volta mentre iddu la taliava. Aveva pigliato informazioni su quell’uomo per sapere chi fosse. Il fisico roccioso, il fucile mitragliatore e gli stivali militari gli davano un certo fascino.

«Salutamu. Chi vi ci porta in questa massarìa?» disse la fimmina.

«Passavo in queste zone e mi è venuto un desiderio. Pensavo che mi potevo togliere questo sfizio» disse tranquillamente Dottori.

Ma la fimmina non si scompose e rispose sfacciata: «E di cosa avreste desiderio?»

L’uomo scese dal cavaddo e le si avvicinò. Non aveva risposto ma se la stava mangiando con gli occhi.

«Di tutte le cose duci che la padrona di casa mi può offrire» disse il bandito.

«Mio marito è andato a fare un poco di legna per l’inverno e dovrebbe tornare tra poco.»

Il bandito le si avvicinò ancora di chiù.

La taliò dritta in quegli occhi azzurri che distraevano lo sguardo dal naso sottile e appuntito. Era di pelle chiara e capelli castani, che una volta dovevano essere stati biondi.

Alle volte a certe fimmine ci piace jocare con il diavolo, e ad Angila quel joco ci stava piacendo.




Note biografiche Giuseppe Pelleriti  - Giuseppe Pelleriti nasce nel 1963 a Milano da genitori siciliani emigrati i quali, sentito il richiamo della madre terra, rientrano dopo appena qualche anno, permettendo così all’autore di vivere in Sicilia sin già dalla prima infanzia. Seppur intraprende studi di natura tecnica, l’interesse per la storia, la letteratura e la narrativa cresce sempre più fino a diventare una vera e propria passione travolgente. Oggi è consulente d’impresa e vive a Centuripe, un paese in provincia di Enna arroccato su uno dei monti dell’entroterra siciliano da dove ama creare la trama dei suoi racconti.






Nessun commento:

Posta un commento