Norma al Teatro Greco di Siracusa: sul podio Jacopo Sipari di Pescasseroli
«Norma è un’opera eccezionale,
vicina a come io intendo la vita. Cerco di filtrare il mondo con gli occhi
della purezza e dei grandi sentimenti, così come l’eroina gallica. E dunque,
visto dalla mia prospettiva, il suo sacrificio finale è un elemento estremo che
la rende vicina a Dio. Il mio ruolo sarà quello di far emozionare, di tradurre
a chi lo ascolta questo messaggio intrinseco della Musica belliniana: dirigendo
l’orchestra, devo saper toccare le corde dell’animo della platea».
Il ventinovenne - e avvenente - Jacopo Sipari di Pescasseroli, aquilano
classe 1985, è uno dei più promettenti
direttori d’orchestra italiani. Plurilaureato al Conservatorio e in
Giurisprudenza, è anche il più giovane avvocato civile rotale, assistente di
Diritto Penale all’Università Roma Tre e, se non bastasse, cultore di lingua
latina. Per la seconda edizione del Festival Euro Mediterraneo, sarà lui, con
la carica di adrenalina che lo contraddistingue, a dirigere l’Orchestra Sinfonica Bellini Opera Festival
per la messa in scena di Norma, il capolavoro di Vincenzo
Bellini, in scena per la prima volta in assoluto al Teatro Greco di Siracusa. Sul podio della cavea aretusea Sipari
salirà il 4 luglio (seguiranno altre
tre rappresentazioni, il 10, 18 e 25 dello stesso mese, sempre con inizio alle
ore 20.30).
Enrico Castiglione, regista e scenografo di fama internazionale, grande
visionario nei suoi innovativi allestimenti d’opera, ha scelto Sipari per le
performance intense e raffinate e il totale coinvolgimento nell’opera. Sotto la
sua direzione, prenderà vita un’esaltante Norma,
incarnata dall’elegante soprano Chiara
Taigi, con a fianco il tenore Piero Giuliacci, valoroso condottiero della
Roma imperiale, amante fedifrago, amato-odiato dall’eroina gallica. Il pubblico
avrà la possibilità di ammirare un’affascinante Adalgisa in Alessandra Damato e un nobile basso
come José Antonio Garcia nel ruolo
di Oroveso; i costumi sono di Sonia
Cammarata, dotata di una spiccata e riconosciuta sensibilità per la
ricostruzione storica del costume.
La bacchetta di Sipari si alzerà a
dirigere anche il Coro Lirico Siciliano istruito da Francesco Costa e
presieduto da Alberto Munafò, una
delle migliori realtà liriche d’Italia e non solo dell’isola, con la quale nel 2014 ha lavorato in un’esecuzione nobilissima dei
“Carmina Burana”.
- Maestro, rieccola al
Teatro Greco di Siracusa …
«Io non aspetto altro. Vivo in funzione del 4 luglio! È un’emozione
ineguagliabile tornare a Siracusa, che ho conosciuto, come la maggior parte
degli studenti italiani, per le tragedie classiche. La scorsa estate sono stato
condotto in teatro di notte e non appena, a sorpresa, hanno acceso i
riflettori, mi sono sentito invadere da un forza magnetica che custodiva in sé
tutta la storia di quel luogo sacro; lì da secoli si ripete un rito che
coincide con il destino dell’uomo: il teatro è la nostra umanità. Trovarmi in
Sicilia ogni volta è come rinascere: non c’è terra più bella al mondo, davvero!
Possiede il fascino di una cultura caleidoscopica, declinata a 360° grandi: dai
Normanni ai Bizantini, continua a contenere tutto il mondo in un piccolo
spazio, batte forte in quest’isola il cuore dell’umanità».
- Ma cominciamo
dall’inizio. È entrato in Conservatorio a soli
nove anni, qual è il suo primo ricordo legato alla musica?
«Risale all’infanzia ed è legato ai nonni che possedevano un pianoforte.
Ricordo che un giorno, entrando in casa, non li ho salutati come facevo
solitamente, e mi sono catapultato su questo strumento che all’epoca, così come
adesso, io eguagliavo ad una “Porsche”. Da lì in poi tutta la mia vita è stata
caratterizzata dalla musica, non mi ha mai fatto sentire solo. E questo rende
particolari le mie esibizioni, perché quando dirigo sento di cercare la verità
che si sprigiona dagli strumenti per poi veicolarla al pubblico. La musica è
stata, insomma, la colonna sonora della mia vita, anzi della mia doppia vita,
perché ne ho già vissute due! La prima si è conclusa nell’aprile 2009, quando
sono stato letteralmente travolto dal terremoto a L’Aquila. Nella nostra città
io e la mia famiglia abbiamo perso tutto. Ho vissuto personalmente quel dramma:
ritornavo tardi da un concerto e lasciai tutto il materiale in auto. Il caso ha
voluto che il mio smoking e la mia bacchetta fossero state le uniche cose
rimaste intatte: lo interpreto come un vero segno del destino».
- A proposito, qual è il
rapporto con il suo unico strumento?
«Dirigo da 12 anni con la solita bacchetta, che definisco la mia personale
“copertina di Linus”! è l’unico contatto con la mia vecchia vita, ma non mi
ritenete troppo scontato se la considero come qualcosa di “magico”. Tant’è vero
che una sera, dopo un concerto, un bambino mi ha paragonato ad Harry Potter! È
questo il motivo, senza nessuna polemica per carità, per cui non mi piacciono i
direttori che non usano la bacchetta; essa regala una carica emotiva che senza
non puoi trasmettere. Noi musicisti abbiamo un’importante responsabilità:
mutuare la luce di Dio attraverso le note; e dunque io la considero uno
“Stargate”, una porta magica che unisce il mondo di qua con l’immensità che poi
ritrova Dio. E poi, a differenza della fatica che fa Venditti con il suo
pianoforte sulle spalle, il mio strumento è facilmente trasportabile»!
- A Siracusa la sua
bacchetta si agiterà sulle note della Norma
di Vincenzo Bellini. Quali le emozioni nell’accostarsi a questo capolavoro?
«Per me comprendere bene Norma
significa scoprire qualcosa in più di se stessi e del mondo! Dirigo quest’opera
per la prima volta e ritengo sia su più piani differentemente significativa. La
immagino come un vulcano in cui sono custoditi tutti i valori più belli della
nostra umanità, che erutta nel finale, non a caso con quel fuoco che in più
parti ha funzione catartica e purificatrice. Contiene i sentimenti umani
radicalizzati ed estremizzati e portati all’eccesso. Se l’eroina è divisa tra
la fedeltà alla patria e la rabbia per il tradimento del suo uomo, Pollione è
fuorviato dal fuoco della passione che trascina il suo animo comunque nobile,
che cerca e trova un riscatto nel finale. Quanto poco frequente è oggi questa
intensità! Abbiamo dimenticato di vivere sentimenti accesi. Viviamo una
quotidianità al ribasso, temperando e diluendo il nostro tempo. Ma se una sera,
in una cavea greca, ci troveremo di fronte alla potenza di questa “Norma”,
significa che vogliamo vivere qualcosa di veramente forte. Per questo penso che
quest’opera sia talmente tesa di emozioni, che tenda al divino. Musicalmente,
poi, Norma possiede dei temi
straordinari ed emana un fascino ricco di potenza, ammantata di grazia ed
eleganza».
- Che tipo di rapporto
ha dunque instaurato con la melodia del “Cigno” di Catania?
«Non posso negarlo, i miei compositori per eccellenza sono stati per anni
Mozart e Rossini! Purtroppo, per pigrizia intellettuale, non avevo mai compreso
il genio belliniano e l’ho relegato in un cantuccio. In seguito, l’artista di
Catania è stato al centro di discussioni accesissime con i miei maestri lirici,
che mi hanno quasi obbligato a rileggerne tutti i capolavori e ad approfondirne
le strutture. Solo grazie a questa imbeccata, ho iniziato a studiare veramente
e solo così ho potuto scoprire una ricchezza tematica ed ontologica pienissima,
davvero ineguagliabile. Bellini riesce in ogni frase, in ogni filato a
comunicare momenti di lirismo veramente unici. La sua opera più famosa è
caratterizzata da una linea melodica pura e limpida, spoglia di estrinseche
complessità, ma questa apparente chiarezza cela in ogni nota una laboriosità
armonica inaudita, con i contrappunti e gli effetti strumentali che hanno
valore soltanto in funzione del canto. In Bellini, infatti, la melodia
dell’orchestra permette al personaggio di adagiarsi, proprio come su un tappeto
di nuvole. Lo ritengo, infatti, un antesignano delle colonne sonore dei film!
Perché sebbene all’ensemble siano affidati momenti eccellenti e preponderanti,
questi non risultano mai eccessivi e lasciano il passo alle voci: sono loro le
protagoniste, proprio come in una pellicola. Per questo si assistono a dei
momenti di passione che sembrano recitati, come se ci si trovasse di fronte a
delle pièce teatrali».
- Sul palco Norma sarà
interpretata da Chiara Taigi, mentre il suo amante fedifrago dal tenore Piero
Giuliacci. Che tipo di feeling ha instaurato con i suoi compagni di squadra?
«Ho già lavorato più volte con Chiara Taigi, che, non per piaggeria,
considero il mio soprano preferito. Abbiamo operato insieme al concerto “Pacem
in Terris”, dedicato a Papa Francesco e successivamente, per un contest
internazionale di musica sacra, nelle diverse basiliche romane, dove ha
brillantemente eseguito lo “Stabat Mater” rossiniano. Lei è Norma, non troverei
nessun’altra definizione. È una personalità titanica e mostra una bellezza
serafica in tutte le situazioni, sia a livello professionale che umano. Continuo
a dire che è la donna delle emozioni, capace anche nella vita di estremi slanci
sentimentali. E questo la rende sacrale e umana al contempo! Ho imparato tanto
da lei, è capace di filati vocali ineguagliabili. Noi condividiamo lo stesso
linguaggio poetico e ci intendiamo molto, con le suggestioni che ci regala la
musica. Al contrario, è la prima volta che incontro Piero Giuliacci, ma
ovviamente ne conosco l valore, è un autentico monumento! Rimango sempre
meravigliato della sua potenza vocale, ne ammiro la straordinaria passionalità.
Si tratta di due artisti che sono degli idoli e degli ideali! E vogliamo
parlare del canto elegante e potente del Coro Lirico Siciliano? Costa e Munafò
sono dei veri maestri: il loro è l’autentico coro che ti spettina».
- Dai Carmina burana alla Norma. Per il secondo anno consecutivo si troverà alla corte del
grande regista Enrico Castiglione. Da giovane promessa della musica, quali sono
le sue impressioni per un maestro delle scene internazionali?
«Castiglione è tra i più noti protagonisti a livello mondiale. Mi colpì già
l’anno scorso la sua intelligenza visiva ed espressiva non comune. Lo ritengo
un grande pigmalione che è riuscito a far rivivere dei luoghi fantastici con
allestimenti operistici particolari e mai scontati! Mi ha affascinato- e per
questo ho subito abbracciato la sua causa- l’idea di portare anche la lirica
nel teatro greco siracusano, proporlo al pubblico sotto quest’altra veste.
Castiglione è un regista coraggioso, che studia, rischia e propone qualcosa di
innovativo, ma paradossalmente, nel rispetto del classicismo. Quei canoni
vengono rispettati come un dogma: anche nella disciplina si vede il genio!
Lavorerò invero a fianco di un cast stellare e sono convinto che ognuno di noi
porterà qualcosa di se stesso nella Norma.
E questo è il messaggio più bello da condividere: far sì che in due ore di
spettacolo, gli astanti ci conoscano per la nostra umanità, per la nostra
verità che permea attraverso le emozioni che sapremo trasmettere».
- Infine, tocchiamo le
corde delle sue due anime. Lei si divide tra gli studi giurisprudenziali e la
musica. Qual è il suo concetto di equilibrio?
«Sono sempre alla ricerca di una giusta armonia, ma raggiungerla non è
facile! Sarebbe perfetto, infatti, se riuscissi ad inserire un po’ del mio
essere musicista nel diritto e un po’ del mio essere avvocato nella musica. È
lì il mio equilibrio»!
Chiara Taigi sarà la
prima Norma nella storia del Teatro Greco di Siracusa
“La Sicilia è una grande isola non permettiamo che diventi una zattera”
Chiara Taigi è una star,
anzi un’antistar. Bella, bionda, celebrata in tutto mondo, il soprano romano
potrebbe darsi le “arie”, invece è una pasionaria dell’arte, vissuta come
missione, come patrimonio da condividere con tutti, affinché diventi veicolo di
crescita spirituale e culturale. Sarà lei la protagonista di “Norma” che il 4
luglio inaugurerà al Teatro Greco di Siracusa la seconda edizione del Festival
Euro Mediterraneo. Per la prima volta il capolavoro belliniano approda nella
millenaria cavea aretusea, in un nuovo allestimento firmato da Enrico
Castiglione, regista e scenografo di fama internazionale, che ha scelto Chiara
Taigi, stella della lirica dal carnet fitto di date, che non per questo diserta
la Sicilia, come tanti artisti famosi hanno fatto in questi tempi di crisi, ma
si sente anzi isolana d’adozione, e torna ogni volta più attratta dal richiamo
di una terra magica. La incontriamo in aeroporto dove sta per imbarcarsi per
atterrare a Catania e poi approdare nella città di Archimede.
- Cosa la lega tanto a
quella che Goethe chiamava “la terra dei limoni in fiore”?
«La zagara, il cielo, il
mare, l’Etna, le vestigia classiche e barocche, tutto. E sul piano personale mi
sento molto ricambiata. Dalla Medea di Cherubini alla Nedda dei Pagliacci, da
Mimì in “Bohème” ad Abigaille in “Nabucco”, ruoli da me interpretati al Teatro
Antico di Taormina sotto la direzione artistica e registica di un grande
artista come Enrico Castiglione, ho stretto con il pubblico siciliano un legame
fortissimo. Lo amo e sento che mi ama, visceralmente. Per questo se questa
meravigliosa terra chiama, io corro: non solo per grandi eventi musicali, ma
ogni volta che sento di doverci essere per solidarietà o per una buona causa.
Come per il recente “Stabat Mater” di Pergolesi a Messina. Certo è tutto più
semplice quando canto a Bregenz o Savonlinna. Ma vincere la battaglia dell’arte
e della cultura ha in Sicilia tutto un altro significato. Se mancassi mi
sentirei di venire meno ad un imperativo interiore, morale: la Sicilia ha una
grande storia di cultura e d’arte, non si merita di stare sotto i riflettori
solo per la mafia e i profughi che sbarcano a Lampedusa. Davanti a tali
calamità bisogna sotterrare il nostro ego e darsi da fare affinché la Sicilia
rifulga in tutto il suo splendore artistico e culturale. Altrimenti l’isola
rischia di trasformarsi in una zattera alla deriva».
- Dunque lei non è scettica e crede che le
vie dell’arte siano infinte e provvidenziali …
«Certamente. Ed è
proprio con questo spirito di rilancio dell’immagine della Sicilia che mi
appresto ad affrontare “Norma” nella soggiogante cornice del Temenite, un ruolo
musicalmente abbagliante e al contempo latore di un messaggio universale, più
che mai attuale: una donna, una madre, sia pure per amore, ha tradito patria e
religione, e sta per macchiarsi di figlicidio. Ma si ferma appena in tempo e si
autopunisce, facendo giustizia immolando se stessa. E’ ciò di cui abbiamo
bisogno oggi: la capacità di guardarci dentro, fermarci in tempo e, se
necessario, espiare in prima persona».
- Norma salva la dignità
personale e quella del suo popolo. Crede che la cultura salverà la dignità
della Sicilia?
“Potrebbe e dovrebbe
farlo. Bisogna assolutamente puntare sulla cultura, l’arte, lo spettacolo. Ma
le condizioni in cui versa l’isola, la gestione sconsiderata delle risorse,
dicono che così non è stato fatto. La regione dovrebbe essere meglio collegata,
attendiamo il ponte da mezzo secolo. In tutti i campi s’impone un lavoro
immenso di impegno e dedizione. Per crescere collettivamente, c’è bisogno di
attirare agli eventi importanti, ed in primis a quelli culturali, tutti i ceti
sociali. Ed io sono ben felice di mettere al servizio della causa la mia
popolarità, acquisita anche grazie alle mie apparizioni televisive, in
particolare nella trasmissione di Paolo Limiti. Mi piace essere vicino alla
gente e mi piace che mi chiamino la “Raffaella Carrà della lirica”. So di
essere garanzia di richiamo per il pubblico e ciò mi consente di diffondere il mio
credo artistico e spirituale nella musica e nei valori che incarna. Al fianco
di Enrico Castiglione, in Sicilia, ho potuto mettere in atto questo progetto:
il nostro è un patto d’onore per la cultura di cui sono fiera».
Un patto che prosegue
con “Norma”. Il pubblico di Siracusa avrà anche un Pollione possente come la
vocalità del tenore Piero Giuliacci, un’affascinante Agalgisa in Alessandra
Damato e un nobile basso come José Antonio Garcia nel ruolo di Oroveso; sul podio un
direttore d’orchestra ventenne ma già pluripremiato, Jacopo Sipari di
Pascasseroli; i costumi sono di Sonia Cammarata, straordinario talento che da
anni forma con Enrico Castiglione una coppia teatrale acclamata in tutto il
mondo. Ma torniamo alla nostra bellissima antidiva
- Non solo lei debutta
nel ruolo, ma sarà la prima Norma ad affrontare il palco del Teatro Greco. Come
sarà la sua sacerdotessa?
«Sul piano musicale e
vocale, Bellini alterna fiorettature melismatiche che fanno svettare la voce a
melodie lente, giocate sull’esasperazione dei fiati. Di ciò era ben consapevole
la Callas, il cui approccio al personaggio rimane, lo sappiamo, di una
profondità assoluta. E su questo primato rifletto ora che affronto per la prima
volta Norma: io allieva della Tebaldi, sempre carissima e presente nei miei
pensieri. E alla mia maestra dedico il mio debutto nel ruolo che fu della sua
rivale: lei sa da lassù che nessuna è seconda nel cuore di chi la ama».
Chiara Taigi è
visibilmente commossa, e perfino più bella. È facile immaginare la classe con
cui saprà indossare gli stupendi costumi di Norma creati da Sonia Cammarata.
- Lei è molto sexy ma
anche profondamente religiosa e, appunto, spirituale …
“Le pare che le due cose
siano in contraddizione? Non mi vedo particolarmente glamour, ma in ogni caso
le nostre qualità, se ne abbiamo, sono un dono del Creatore ed abbiamo il
dovere di farle fruttare come i talenti della parabola. Lo penso sempre, non
soltanto quando canto davanti al Papa in Vaticano o mi invitano ad esibirmi per
sostenere nobili cause. Sulla scena mi piace trasformarmi di ruolo in ruolo,
ora appassionata e fragile come Mimì, ora altera e ieratica come Norma, così
solenne, inflessibile, ma umana, commovente, grandissima. La canterò per il
meraviglioso pubblico siciliano e per i tantissimi turisti che stanno
prenotando da tutto il mondo. Ho un solo messaggio per tutti loro: Vi aspetto!”
Chiara Taigi deve
raggiungere il gate. Ancora un minuto.
- Ci parli ancora del
suo legame con la Trinacria…
“Ne sono sedotta e
abbagliata. Ho fatto qui le mie prime audizioni a diciannove anni con un
grandissimo direttore d’orchestra come Spiros Argiris. E da allora ci son
tornata sempre, catturata dal profumo della zagara e da profonde amicizie: tra
i miei ricordi più forti, l’aver cantato ai funerali del mio caro amico e
maestro Lamberto Puggelli. Mi sento parte della Sicilia, ne condivido i
problemi e ho stima per l’altissima qualità della sua gente che merita onestà e
dedizione. Lo ribadisco non permettiamo che l’isola diventi una zattera.”
Commenti
Posta un commento