Il soprano Adriana Damato sarà Adalgisa: “Così vivo il mio sacro duetto con Norma”


«Adalgisa! Oh! rimembranza... Ah sì, fa core, abbracciami»! La comprensione di Norma verso la “giovinetta”, nel duetto del prim’atto dell’omonimo capolavoro di Vincenzo Bellini, sancisce una sacra amicizia. Si tratta di uno dei dialoghi più intimi della Storia dell’Opera, determinato da due voci femminili all’unisono, dove l’una non oscura l’altra. E se quest’estate per la prima volta la dolce melodia belliniana si espanderà nel Teatro Greco di Siracusa, dando il via alla seconda edizione del Festival Euro Mediterraneo, gli spettatori avranno la possibilità di assistere nei due ruoli ad un’accoppiata di rara bellezza, musicale ed estetica. Perché, com’è noto, l’elegante soprano Chiara Taigi vestirà i panni sacrali di Norma, mentre, dall’altra parte, quasi come uno specchio riflettente, Adalgisa sarà incarnata, voce ed anima, dal raffinato soprano pugliese Adriana Damato.

Enrico Castiglione, regista e scenografo di fama internazionale, che ha firmato l’innovativo allestimento, ha voluto ricostruire in questo modo l’originale coppia sopranile Norma-Adalgisa, chiamando la Damato, soprano puro, per interpretare il ruolo che lo stesso Bellini, al debutto nel 1831, volle assegnare a Giulia Grisi accanto a Giuditta Pasta, due miti del belcanto protoromantico.

Quello tra la sacerdotessa e la novizia del tempio gallico d’Irminsul - che si contendono ignare lo stesso uomo, il generale romano Pollione, mentitore, fedifrago eppur valoroso - è un legame leale e assoluto, simbolo di una complessa e disperata solidarietà tra donne. Che culminerà nell’altro duetto “Mira, o Norma”, quando la più giovane impedirà il suicidio dell’amica, ormai abbandonata dal padre dei suoi figli.

Adalgisa, dunque, è una vera coprotagonista. Lo sa bene la mora e avvenente Damato, che in poco più di dieci anni si trova per la seconda volta a rivestire lo stesso personaggio che aveva affrontato nel 2004 con voce di velluto sul palcoscenico austriaco dello Stadttheater di Klagenfurt, vincendo la medaglia “Eberhard Wachter” e una borsa di studio come migliore giovane interprete. La incontriamo mentre fervono le prove al Teatro Greco. Il debutto è fissato per il 4 luglio, seguiranno altre tre rappresentazioni, il 10, 18 e 25 dello stesso mese (sempre con inizio alle ore 20.30). Nella millenaria cavea si esibiranno ancora il tenore Piero Giuliacci, il valoroso condottiero imperiale, Pollione, amante amato-odiato da entrambe le vestali galliche, un nobile basso come José Antonio Garcia nel ruolo di Oroveso. Sul podio dell’Orchestra Sinfonica Bellini Opera Festival il giovane ma già pluripremiato Jacopo Sipari di Pascasseroli. Il rinomato Coro Lirico Siciliano sarà istruito da Francesco Costa. I costumi, frutto della squisita creatività di Sonia Cammarata, fanno sulla Damato bella mostra di sé mentre avanza verso di noi in una breve pausa.

 

Adalgisa prima confessa a Norma il suo amore per Pollione, poi sconvolta dalle rivelazioni della druidessa, rimprovera il suo amato di averla ingannata e rifiuta di seguirlo a Roma, ma un po’ più in là si dispera… Il suo è certamente un personaggio multisfaccettato, quale sarà la forza che gli imprimerà?

«Non c’è dubbio che una delle fasi più salienti del dramma è quella della confessione di Adalgisa che porta allo smascheramento di Pollione. In quel momento la giovane vestale subisce un colpo al cuore, assiste alla caduta delle illusioni: è per lei lo squarcio del velo di Maya. Così come Norma, anche Adalgisa affronta un’escalation di emozioni dentro di sé e questo fa sì che viva in una costante tensione drammatica. La forza che caratterizzerà il mio personaggio sarà, dunque, quella stessa di una donna che, nonostante sia stata sedotta e abbia ceduto alle lusinghe di un amore, alla fine sceglie l’amicizia e si aggrappa alla solidarietà femminile per essere più coraggiosa. La caratterizza una grande forza e un’estrema prova d’amore fino al proprio sacrificio. Niente male per una “giovinetta”».

 

Filologicamente, rispettando dunque la partitura, in questa edizione Adalgisa è un soprano, e non - secondo una tradizione consolidata – un mezzosoprano. Come sente di dover articolare vocalmente il ruolo?

«Metterò in risalto tutte le particolarità vocali a partire dalla tessitura impervia. Il mio personaggio è ricco di sfumature vocali: prima dolce e lirico, poi drammatico. Affronto questo ruolo come se stessi cantando Norma, un po’ più centrale talvolta, ma che risolve in acuto con le stesse sembianze della protagonista. Com’è noto, la scrittura di Bellini è tersa, limpida e sgorgante come una sorgente di melodie e suoni immortali: un “totem” del repertorio melodrammatico. Norma è un grande compendio di tutte le difficoltà riscontrabili in un’opera lirica: fucina del Belcanto, inteso come campionario di prodezze vocali, ma allo stesso tempo risolte in modo “espressivo”. Partendo da queste premesse sto studiando come risolvere al meglio ogni passaggio belcantistico e preparo il mio cantato “sulla parola”, ovvero, partendo dalla verità del libretto operistico, cercherò di dare corpo e spessore drammatico al personaggio».

 

Come interpreterà questa “sacra” solidarietà femminile che lega Norma e Adalgisa? E qual è il rapporto instaurato con il soprano Chiara Taigi?

«Adalgisa e Norma sono due amiche e nel corso dell’opera, nonostante qualche incomprensione, si ritrovano più forti e più solidali. La loro amicizia supera qualsiasi ostacolo. Sembra essere un rapporto inedito, ma insieme riescono a recuperare la propria identità di donne. Non condividono soltanto l’amore per lo stesso uomo, ma sono state ritratte come fossero entrambe monumenti alla potenza dell’animo femminile. Penso innanzitutto ad un’Adalgisa come “sorella di canto” di Norma, con la medesima forza e vocalità, per cui immagino per loro le stesse strutture tonali e lo stesso appiglio. Insieme affrontano due paradisiaci duetti femminili, quintessenza del belcantismo ottocentesco, dove è necessaria morbidezza e corposità timbrica. Qui si incontrano le anime delle due ragazze! Il vincolo sacro tra donne è sicuramente un elemento ancestrale, più tipico di un’organizzazione matriarcale. La nostra società se non l’ha completamente dimenticato, l’ha fortemente ridimensionato. Ma è appunto per questa sua rarità che sulla scena trova tutta la sua potenza. Le due donne, di cui una madre, ci commuovono per la loro verità. Detto questo non posso che essere felice di salire sul palcoscenico insieme a Chiara. Con lei è stato amore e affetto da subito, di lei mi ha colpito il suo carisma e la sua saggezza nonché la sua straordinaria bellezza interiore, una Norma di lusso».

Si è diplomata in canto con lode presso il Conservatorio Piccinni di Bari. Quanto influisce sul suo lavoro il know how appreso durante gli anni di studi?

«Devo la mia conoscenza vocale alla mia unica insegnante di conservatorio, il mezzosoprano Katia Angeloni, che ha formato un’intera generazione di artisti. Ci educava alla ricerca della classe e dell’eleganza tonale e sempre lei mi ha regalato le basi giuste per un canto naturale. Questo è il motivo per cui il mio canto è spontaneo, intimamente pilotato dall’anima, senza ulteriori costruzioni di sorta. Mi è sempre piaciuto andare fino in fondo, approfondire le caratteristiche della parte, al di là delle note, per qualsiasi ruolo, a maggior ragione per uno come questo».

 

Da meridionale, qual è orgogliosamente lei, che idea ha della Sicilia?

«Questa è la prima volta per me che atterro in Sicilia, una terra calda e di antichi sapori con una luce che ti abbraccia e ti avvolge. Qualunque immagine veda, colgo i colori vividi, illuminati da quel sole che il sud non lo abbandona mai. Penso spesso a delle analogie tra queste due bellissime regioni italiane (la Sicilia e la mia Puglia) e credo che entrambe, con una giusta dose di volontà e di impegno, si stiano avviando bene ad un percorso di rinnovamento che deve essere accompagnato e condiviso. Le bellezze storico-naturali sono il nostro petrolio, non dovremmo mai dimenticarlo».

 

Dunque il suo è un debutto nella cavea greca di Siracusa?

«Sono già in trepidazione! Sarà una grande emozione per me cantare per la prima volta in un’arena così importante e vetusta. La terra del mito classico accompagnerà la mia performance e questa mia esplosione di sentimenti che per ora non riesco a cavalcare. Mi emoziona cantare proprio nella terra di Bellini, dove, lo sento, lui torna ancora, ogni volta che si suona la sua musica o si mette in scena questa sua opera ricca del vero spirito italiano».

 

Come si è trovata a lavorare nuovamente con un personaggio di chiara fama internazionale come il regista Enrico Castiglione?

«È la terza volta che lavoriamo insieme. Con lui ho avuto modo di cantare nel 2001 nel Così fan tutte (dove interpretavo Fiordiligi) a Roma, presso il Teatro Argentina e nel Nerone di Mascagni, vestendo i panni di Egloge. Grazie a questa occasione ci siamo incontrati dopo 14 anni! Senza piaggeria, lo ritengo un regista elegante e sensibile che con pochissimi elementi scenici e movimenti teatrali di classe regala colore e dinamismo ad altissimi livelli. Ha sempre una lucida visione dell’opera da affrontare e questo non può che tranquillizzare i vari interpreti che così, via via, diventano più consapevoli dello spazio artistico».




 

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