Presentato il libro denuncia del generale Angiolo Pellegrini - “Noi, gli uomini di Falcone”
In una stanza del carcere di massima
sicurezza dell'Asinara, in Sardegna, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino passarono
insieme per ben 29 giorni. Era l’estate del 1985, ed il trasferimento arrivò
improvvisamente dopo una soffiata sui preparativi di un attentato di Cosa
Nostra ai due giudici impegnati nella stesura dell’ordinanza del primo maxi
processo alla mafia.
All’interno di quella stanza
Gianluca Barbagallo ha immaginato i magistrati-eroi raccontare ad un’ideale
platea la storia della mafia. Così, ripercorrendo quasi 150 anni di storia
italiana, Barbagallo ha scritto uno spettacolo multimediale forte e intenso,
“Giovanni e Paolo, storia di due eroi moderni”, messo in scena abilmente con
Nicola Diodati, l’uno nei panni di Borsellino, l’altro di Falcone, e rappresentato
sabato scorso all’interno dell’evento organizzato all’Auditorium Carlo Alberto
Dalla Chiesa di San Gregorio, dal Comitato spontaneo antimafia Livatino Saetta
Costa e fortemente voluto dal suo presidente onorario avv. Corrado Labisi, per
presentare il libro del generale Angiolo Pellegrini “Noi, gli uomini di Facone.
La guerra che ci impedirono di vincere”.
Uno spettacolo che ha fatto da
prologo ad una serata dedicata interamente alla legalità, svolta alla presenza
di autorità civili, militari ed accademiche, che ha registrato il tutto
esaurito, e nella quale il Comitato, rappresentato dal presidente, prof.
Attilio Cavallaro e dal presidente onorario, avv. Corrado Labisi, ha come
sempre dato spazio alla riflessione e al dibattito sui temi dell’antimafia e
della giustizia sociale. Assente l’ex colonnello dei ROS Angelo Jannone – autore con Giovanni Falcone delle indagini
sul patrimonio di Totò Riina, per due anni infiltrato all'estero in
organizzazioni di narcotrafficanti colombiani legati a camorristi – che
ha inviato una lettera al caro amico avv. Labsi per esprimere il suo rammarico per
non aver potuto presenziare ad un evento di così grande spessore morale.
A testimoniare una stagione
sanguinosa e incancellabile, il generale Pellegrini, comandante della sezione
antimafia di Palermo dal 1981 al 1985. Come uomo di fiducia del pool e più
stretto collaboratore di Giovanni Falcone, Pellegrini ha portato a termine le
più importanti indagini nei confronti di Cosa Nostra, raccontate per la prima
volta nel libro “Noi, uomini di Falcone”, che è una denuncia contro chi ha
protetto la mafia durante gli anni del maxiprocesso.
“Non è solo un libro, ma un pezzo
di storia che non va dimenticata – ha commentato l’avv. Labisi – attraverso
queste pagine, piene di commozione e significato, riusciamo ad entrare in
quella maledetta stagione delle stragi e a rendere onore a coloro che hanno
contribuito a fare la storia della lotta alla mafia. La mafia si cela anche
dietro i colletti bianche e la maschera dell’antimafia, ed è per questo che il
Comitato Livatino Saetta ha avanzato al Capo dello Stato la proposta di non
concedere più finanziamenti pubblici alle associazioni antimafia, così che non
si possa più parlare di un’antimafia di professione ”
A prendere la parola poi il prof.
Cavallaro: “Non avevo inizialmente esperienza della mafia. Pensavo che lo
scontro fosse tra stato e mafiosi. Ma ho poi scoperto che tra i due non c'è una
contrapposizione e che la politica è il terzo livello della mafia. Il libro del
generale Pellegrini è un monito per chi vive nelle maglie della malavita. E’
nel ricordo del loro sacrificio che le idee di Falcone e Borsellino
continueranno a perdurare e la mafia verrà sconfitta.”
L’intervento di Valentina Rosana,
studentessa di Scienze Politiche che sul testo di Pellegrini ha redatto una
relazione, ha introdotto il dibattito con il Generale, moderato dalla
giornalista Simona Pulvirenti. L’omicidio di Rocco Chinnici, quello di Carlo
Alberto Dalla Chiesa, il rapporto dei 162, il maxi processo, l’amicizia con
Giovanni Falcone: un racconto dentro il racconto, fatto di retroscena e
particolari inediti che Pellegrini ha voluto regalare alla memoria dei suoi lettori.
“Ho scritto questo libro – ha dichiarato
il Generale – soprattutto per lasciare una memoria di Falcone e Borsellino alle
nuove generazioni. Anche io a volte ho avuto paura, ma non mi sono piegato. Gli
insegnamenti dei due magistrati e di quanti come loro si sono immolati,
continuano nella quotidiana affermazione dei valori della legalità”.
Presente con la sua testimonianza
anche il sindaco di Corleone, Leoluchina Savona, vittima di intimidazioni e
diffamazione da parte della mafia.
“Sono stata eletta non dalla
politica, né dalla mafia, ma dalla gente”, ha spiegato. Sono convinta che il
pensare mafioso sia peggiore dell’essere mafioso. La mia è una lotta dura. Sono
ritenuta sindaco antimafia, ho rinunciato a tutti i miei privilegi, mi sono
trovata ad amministrare una città senza soldi, forse non ho potuto realizzare
grandi opere ma ho sempre svolto il mio dovere con onestà e così continuerò a
fare nonostante i tentativi da parte di alcuni di denigrarmi. Il calore di
questa serata mi da ulteriore coraggio, per proseguire nella strada della
legalità da me intrapresa”.
Un pensiero è andato anche alla
nobildonna Antonietta Labisi, antesignana della lotta alla mafia e fondatrice
dell’Istituto Medico Psicopedagogico Lucia Mangano di Sant’Agata Li Battiati, struttura
d’eccellenza nel settore della neurofisiatria e neuropsicologia, accreditata
presso il Parlamento Europeo (Registro Trasparenza n. 054846014854-49 con sede
in Rue Fernand Neuray n. 68 – 1050 Bruxelles).
Alla fine del dibattito l’intervento
del dott. Giuseppe Agosta, figlio del valoroso maresciallo capo dell’Arma dei
Carabinieri Alfredo Agosta, ucciso dalla mafia, e la consegna delle pergamene
del Premio Livatino Saetta Costa e Premio Speciale Antonietta Labisi agli
attori Gianluca Barbagallo e Nicola Diodati, premiati dal sindaco Savona e dal
generale Pellegrini, al dott. Rosario Grasso, Presidente 4° sezione Penale del
Tribunale di Catania, premiato dall’avv. Salvatore Ragusa del Foro di Catania;
al dott. Salvatore Costa, Presidente 1° sezione Penale e della sezione
Provvedimenti Speciali Corte d'Appello di Catania, premiato dal colonnella
della Guardia di Finanza Giuseppe Pisano, dirigente della DIA di Caltanissetta;
al Gen. Carmine Canonico, ex Comandante Provinciale della Guardia di Finanza di
Siracusa e al prof. dott. Francesco Patti, docente universitario presso Facoltà
di Medicina di Catania, entrambi premiati dal generale Pellegrini; al dott.
Carlo Alberto Tregua, editore e direttore del Quotidiano di Sicilia, premiato
dal generale Pellegrini; ed infine a Patrizio Cinque, sindaco di Bagheria, per
il quale ha ritirato il premio il sindaco di Corleone Leoluchina Savona.
Il giorno successivo all’evento
il prof. Attilio Cavallaro e l’avv. Corrado Labisi, hanno voluto consegnare
personalmente la pergamena alla dott.ssa Elvira Tafuri, sostituto procuratore
generale vicario del Tribunale di Catania, e regalare il libro del generale
Pellegrini ad alcuni magistrati presso la Procura, impegnati nella lotta alla
mafia.
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