Successo per la presentazione del 4x10 primo numero della collana "Quadernetto di poesia contemporanea"
Ieri pomeriggio, nella Facoltà di Lettere e Filosofia di Catania
(Dipartimento di Scienze Umanistiche), è stato presentato il numero inaugurale
della collana «Quadernetto di poesia contemporanea», intitolato «4x10», in collaborazione con il Comitato di Catania della Società Dante
Alighieri, presieduto dal prof. Dario Stazzone, curato da Grazia Calanna insieme
allo scrittore e critico letterario Orazio Caruso. Con l’editore Alfio Grasso
(Algra) e gli autori (Chiara Carastro, Antonio Lanza, Michele Leonardi e Pietro
Russo), è intervenuto, in qualità di relatore, il prof. Giuseppe Savoca (ordinario di
Letteratura italiana moderna e contemporanea, dell’Università di Catania).
FONTE: quotidiano
LA SICILIA del 12/11/2015
articolo di GRAZIA
CALANNA
Un progetto culturale al quale abbiamo scelto di
aderire nella ferma consapevolezza che, per dirla con le parole del poeta Andrea
Zanzotto, la poesia “è
sempre più di attualità perché rappresenta il massimo della speranza,
dell'anelito dell'uomo verso il mondo superiore”. Inaugurato dai versi di
quattro giovani siciliani (come i curatori e l’editore che lo ha accolto), acceso
dal fulgore di una terra di per se stessa poetica (e non soltanto per
tradizione). Le riflessioni che seguono, sono
estrapolate dalla prefazione e integrate da una rapida selezione di versi. La collana reca il simbolo della “x” da intendere, coerentemente con la
nostra concezione di poesia, nella duplice accezione di moltiplicatore e di incognita.
Chiara Carastro è l’unica,
giovanissima, figura femminile del quartetto («è così che cresci a vent’anni / come
un pozzo che teme la superficie. / e solo tre parole da ricordare.»).
L’apprendistato della sua scrittura viene dalla musica. E si sente. Svincolata
dalle prerogative della forma, con inclinazione che, lontani dal voler dare
definizioni, potremmo dire iperbolica, tende l’arco vitale lanciando la lucida
freccia dello “spaesamento adolescenziale”. Quella di Antonio Lanza è una poesia sorvegliatissima, gravida di
osservazioni e sottigliezze letterarie presenti finanche nell’intermezzo in
prosa indispensabile alla qui presente sezione estrapolata dall’inedita “Suite Etnapolis”. Dalla gestazione alla messa in opera un lavoro che, senza
scheggiature o esitazioni, attingendo ai container dei centri commerciali
(microcosmi integrali), riproduce il paesaggio antropico del mondo
contemporaneo («Un diffuso stato di allarme, inudibile
/ perché chiuso nel buio dei polsi, / nei turni trascorsi / in solitaria»). La
parabola poetica di Michele Leonardi simpatizza
con la musicalità del verso inciso da ricercati riferimenti. L’autore riprende
sul foglio l’esperienza professionale di cineasta sceneggiando, inquadrando,
focalizzando per mezzo di una parola potente, reattiva rappresentazione
allegorica dell’esperienza vissuta e dell’inappagata quanto inesausta tensione
conoscitiva («Leggimi
le braccia, i palmi: / sui polpastrelli
l’acqua / ha inciso in braille la cifra del / tormento. »). I versi di Pietro
Russo accolgono la proiezione di uno spazio psichico ovattato dal
silenzio, un «silenzio più grande dei nostri anni», un silenzio che
respira nel verso divenendone parte. Senza volerla cristallizzare, una poesia
loica, lapidaria («Il fallimento, padre, di queste mani /
che schermano tramonti e la vergogna / per un altro giorno; dell’amore / alla
fine, che muore.»), i cui momenti essenziali, nell’eguale rovescio
della vita, sono il tempo e la morte. Dall’ultimo
scorcio del Novecento - sottolinea Caruso nella postfazione -, è prevalso tra
gli autori più autorevoli un atteggiamento laico, né apocalittico né integrato,
ma, comunque, assuefatto alla marginalità culturale. L’itinerario di chi scrive
versi si è fatto ancora più intimo, vissuto nei paraggi della diffusione
editoriale di massa, col rischio di divenire talmente riservato da scomparire
agli occhi delle persone comuni ed essere rivolto solo a un pubblico di
critici, di specialisti ed “iniziati”. In questo contesto molti si chiedono se
“sia ancora possibile la poesia”. Benché il sentiero sia sempre più stretto e
angusto, la poesia, tuttavia, riaffiora sotto mentite spoglie negli interstizi
non ancora monetizzati, nel bisogno di scambi gratuiti, nelle scuciture
impreviste del sistema, tra le maglie della rete, nel ritorno prepotente
all’oralità sociale, alla lettura in pubblico, al confronto viso a viso con le
persone reali. Le grandi concentrazioni editoriali si apprestano a congedarsi
dalla poesia perché badano solo ai numeri e al mercato. L’unico linguaggio che
comprendono è quello della matematica finanziaria, l’unico critico che
ascoltano è quello che fa pendere i bilanci dalla parte del guadagno. Ma non
bisogna disperare perché si aprono ampi spazi di manovra per avventure
editoriali nascenti, a condizione che sappiano cercare e riconoscere,
nell’informe scarabocchio della comunicazione globale, i nuovi poeti, spingendoli
a emergere e dandogli il giusto rilievo».
GRAZIA
CALANNA
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