“Foemina ridens”: le fragilità del rapporto uomo- donna secondo Giuseppe Fava
«Capovolgendo il
paradigma esistenziale di Adamo creatura divina ed Eva inventata da una sua
costola, "Foemina ridens" è la storia dell'essere umano donna e del
suo compagno maschio, lei creatura tragica e lui che continuamente muta questa
tragedia in buffoneria, in una continua mistificazione fino all'attimo
dell'identificazione finale».
Così il grande Giuseppe Fava definiva il suo penultimo copione teatrale,
che si allontana dalla contestualizzazione socio-politica in cui lo scrittore
era solito immergere i suoi testi, e affronta invece una tematica legata alla
sfera personale dell'individuo.
Per il secondo anno consecutivo il Teatro Stabile di Catania, sotto la
direzione di Giuseppe Dipasquale, rende omaggio all’illustre giornalista amante
delle belle lettere, portando l’acuta analisi del confronto uomo-donna, che
innerva appunto "Foemina ridens", alla sala Verga, dove andrà in
scena dal 30 aprile al 17 maggio. L’allestimento, prodotto dal TSC, vede una
coppia di interpreti d’eccezione, come Guia Jelo e Filippo Brazzaventre, nei
panni dei due bizzarri protagonisti, Pupa e Orlando. Giovanni Anfuso firma la
regia, Giovanna Giorgianni le scene, Riccardo Cappello i costumi, Mario
Incudine le musiche originali, Donatella Capraro i movimenti scenici e Franco
Buzzanca le luci. Completano il cast, gli attori Angelo D'Agosta, Giorgio Musumeci, Eleonora Sicurella.
Il teatro di Fava, figura di spicco della vita culturale del panorama
nazionale, torna così a vivere in quella che ne è stata la culla,
appunto lo Stabile etneo, che ha tenuto a battesimo quasi tutti i suoi lavori
drammaturgici. Da “Cronaca di un uomo” a “Ultima violenza”. Fava e lo Stabile:
un appuntamento costante, necessario. Anche in quella sera fatale. Era il 5
gennaio del 1984 quando il giornalista, nemico giurato della mafia, venne
ucciso da Cosa Nostra proprio a pochi passi dalla sala Verga, sulla via che da
allora porta il suo nome. “Pippo” era venuto a prendere la nipote impegnata in
una rappresentazione: giusto il tempo di scendere dall'auto e i proiettili
mortali stroncarono la vita del carismatico cronista, fondatore e direttore
della testata "I siciliani".
Quello che univa Fava allo Stabile era un legame viscerale, un sodalizio
stretto con lo storico direttore Mario Giusti che rese possibile la produzione
delle più importanti pièce del fecondo narratore, drammaturgo, intellettuale a
tutto tondo dal militante impegno civile. Secondo Giusti «il teatro di Pippo è
un lungo ininterrotto discorso sull’uomo, anzi sulla dignità dell’uomo e in
"Foemina Ridens" ad essere indagata è la dignità nel rapporto tra
uomo e donna».
«Al centro di tutto - spiega il regista Giovanni Anfuso - troviamo Pupa e
Orlando: un uomo e una donna, i loro rapporti e la loro dignità. Fava, porta
sul palcoscenico due personaggi emblematici, i tipici cantastorie erranti della
tradizione siciliana. Entrambi hanno conosciuto sempre e solo povertà e
orgoglio, ma non rinunciano mai alla vocazione dell’intrattenimento di piazza,
sotto qualsiasi cielo e con qualsiasi tempo, arrivando a confondere e a fondere
le vicissitudini dei personaggi cantati con i propri drammi personali. I due
raccontano la propria vita di cantastorie ma anche di prostituta e ladro, in
una realtà metatemporale, senza sequenza cronologica, senza un inizio e senza
una fine. E il pubblico non sa dire quanti siano i personaggi e quali età
abbiano, se venti, quaranta oppure ottant’anni; mentre le loro parole
raccontano di una grande anima straripante di spensieratezza, lussuria,
accidia, frustrazione, fedeltà, blasfemia, amore, fede e quanto di più
contraddittorio si riesca a immaginare nell’animo umano».
"Foemina ridens", scritta nel 1980, mette in scena la
sensibilità del suo autore, un uomo dal carattere forte: non solo attento
osservatore delle dinamiche sociali in cui gli individui si muovono, ma anche
profondo conoscitore dei vicoli e degli anfratti in cui si insinuano i sentimenti
più veri degli esseri umani.
Sottolinea ancora il regista: «Viene giusto di chiedersi se una
situazione così sgangherata e fuori dal tempo non stia ad indicarci un luogo
dell’anima e della sofferenza prima ancora che una realtà teatrale.
"Foemina Ridens" è un copione suggestivo, crudele e di grande
coraggio che rivela, insieme al talento drammaturgico dell’autore, quella
malinconia poetica di uomo del sud che lo consegnò ai posteri come “romantico
guerriero”: un intellettuale che altro scrupolo non ebbe, nella sua ventura, se
non quello di raccontare solo e sempre la verità».
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