Il compleanno: com’è già “assurdo” il primo Pinter!
Alla sala Musco dal 5 al 10 maggio
il capolavoro del
premio Nobel: una produzione Teatro Stabile di Catania
Il compleanno:
com’è già “assurdo” il primo Pinter!
Il regista Fulvio D’Angelo è anche
interprete della piéce insieme a Liborio Natali, Alessandra
Costanzo, Leonardo Marino, Ramona Polizzi e Giampaolo Romania
CATANIA- Una scena, due persone, una porta,
il silenzio e il non detto: sembra un tranquillo interno borghese. Di lì
a poco un delirio senza senso, fatto
di paure e violenze. Eppure si ride anche. Ma l’Harold Pinter degli esordi
suscita già una risata inquieta e nervosa, amplificatrice di un disagio
interiore. Scritto nel 1957,
“The Birthday Party- Il
compleanno” è infatti il primo
capolavoro del drammaturgo inglese, e contiene in sé già tutti gli
elementi che diventeranno caratteristici della sua “poetica dell’assurdo”, improntata sulla
ricerca della contraddizione del quotidiano e sull’atavica dicotomia tra
l’apparenza e la sostanza.
Il Teatro Stabile di Catania, diretto da
Giuseppe Dipasquale, apre il suo palcoscenico al genio caustico di
Londra,
premio Nobel per la Letteratura nel 2005, scegliendo di produrre un nuovo
allestimento della commedia, affidato alla regia di Fulvio D’Angelo, che
calcherà il palcoscenico anche nelle vesti di interprete. Nel lungo viaggio
verso l’assurdo pinteriano lo accompagneranno altri beniamini del pubblico non
solo catanese, come Liborio
Natali, Alessandra Costanzo, Leonardo Marino, Ramona Polizzi e Giampaolo
Romania.
Continua così la rassegna innovativa
“L’isola del teatro”, riservata alla
sala Musco dove l’esaltante pièce, proposta nella traduzione di Alessandra
Serra e arricchita dalle
scene e dai costumi di
Giovanna Giorgianni,
andrà in scena dal 5 al 10
maggio.
Al centro della storia inquietante
c'è la figura di Stanley Webber, il personaggio pinteriano per eccellenza,
simbolo e icona di un'umanità perseguitata e auto-reclusa. Stanley, pianista
fallito dai turbolenti trascorsi, ha sospeso la sua vita in una pensione vicina
al mare gestita dai coniugi Petey e Meg Boles. La ripetitività dei gesti e dei
dialoghi quotidiani, nei quali saltuariamente si inserisce anche la giovane
Lulu, sarà interrotta dall'arrivo di due nuovi, inquietanti ospiti, Goldberg e
McCann, incaricati di una misteriosa missione, di cui però Pinter non chiarisce
il significato - come del resto continuerà a fare nelle opere della maturità -
limitandosi a suggerire, a comunicare suggestioni, paure, timori ancestrali,
emozioni prive di una vera ragione d’essere, ma talmente reali da lasciare il
pubblico senza fiato.
Una lettura difficile e folgorante,
insomma, come ammette lo stesso regista: «I miei compagni di viaggio ed io,
attraversando "Il compleanno", siamo rimasti affascinati dal plot della
commedia, nel suo esplicarsi, raccontarsi e spiegarsi, che rinvia e si rinvia a
"piani secondi", piani "altri", altre interpretazioni. Questa commedia
rappresenta e simboleggia molto altro. Senso e sovrasenso. Ed è un perfetto
equilibrio tra reale e metaforico. Meg, Petey, Lulu, la loro vita serena,
tran–tran, routine: come un dardo infuocato, attraversati da questo
“compleanno”».
Il testo contiene ed anticipa tutti gli elementi che
diventeranno caratteristici della poetica dell’autore: un luogo chiuso,
apparentemente tranquillo, che viene improvvisamente disturbato da influssi
esterni, minacce oscure che contaminano la quiete quotidiana, un passato
opprimente e soffocante che torna ad incidere sulla vita dei
protagonisti.
«Una stanza: tutto parte da lì -
afferma, infatti, D’Angelo - come in quasi tutte le sue pieces, e in
quella stanza fa irruzione, o tranquillamente entra, prima un personaggio e poi
un altro, e irrompe il "quotidiano". E che "quotidiano". Quello di tutti i
giorni, i giorni della vita, sì, proprio quelli nostri, quando magari un nostro
lontano cugino è arrivato dalla provincia ed invade improvvisamente la nostra
"quotidianità... ».
L’attenzione - o forse l’ossessione - di Pinter è rivolta
a quegli aspetti della personalità umana e a quei comportamenti che fanno parte
della vita di tutti i giorni, con l'intento di indagare “le stanze chiuse
dell'oppressione” e il grande baratro che si nasconde sotto le parole e le
banali “chiacchiere” del linguaggio quotidiano.
Come ancora sottolinea il regista
«Tutti noi "siamo" Stanley. Ma il più delle volte tendiamo ad essere Goldberg.
Con noi stessi, coi nostri figli… Il Male ci trasforma, ci integra...si profila
alla porta. Ma dobbiamo stare attenti, poiché potremmo trasformarci noi in Male.
Freniamo la nostra voglia di “cupo” benessere, di cani dietro i cancelli. Non
rinunciamo alla nostra identità!».
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