Dal libro alla scena: L’indecenza, il “tropical-gothic” di Elvira Seminara
CATANIA – «Cento giorni. Dove si sgretola tutto, i
protagonisti, la casa, le relazioni, la natura. Una lenta e oscura cremazione».
Così Elvira Seminara sintetizzava nel 2008 l’atmosfera e il senso del suo
pluripremiato romanzo d’esordio, L’indecenza, tutto giocato
sull’ambiguità e ambivalenza.
Dal libro alla scena:
dopo aver raccolto lettori e consensi in ambito internazionale, questo
avvincente noir “siciliano” approda sul palcoscenico nella nuova produzione
realizzata dal Teatro Stabile di Catania. «L’operazione - sottolinea il
direttore del TSC Giuseppe Dipasquale - perpetua il coerente fil rouge che
percorre e unisce gli importanti adattamenti che lo Stabile etneo ha tratto
dalla narrativa siciliana. Non solo i capisaldi del verismo o del Novecento, ma
spesso novità letterarie: una linea direttrice che ha coinvolto penne
eccellenti, da Leonardo Sciascia a Pippo Fava, da Andrea Camilleri a Simonetta
Agnello Hornby a Gaetano Savatteri, da Dacia Maraini ad Elvira Seminara, per non
citare che alcuni autori».
Tra i nomi più autorevoli, a partire dalla fine degli
anni Novanta, spicca appunto il nome di Elvira Seminara, scrittrice catanese e
giornalista di costume, pronta a doppiare l’esperienza della
scorsa stagione che ha visto il successo della
trasposizione scenica di un altro suo romanzo, Scusate la polvere, sempre ad opera
dello Stabile. È ora la volta dell’opera prima L'indecenza, pubblicata
nel 2008 da Mondadori e oggi riproposta per l’occasione dalla casa editrice
digitale “Libreria degli Scrittori”.
L’adattamento è stato affidato a
Rosario Castelli, docente di Letteratura italiana nell’Università di Catania,
con il contributo della stessa Seminara. La produzione teatrale - una novità assoluta
e particolarmente attesa - sarà in scena dal 20 marzo al 2 aprile nei locali
della Scuola d’Arte drammatica dello Stabile, intitolata ad “Umberto Spadaro”,
per dare agio alla peculiare visione registica di Giampiero Borgia. Da
sempre attratto dalla nuova drammaturgia, Borgia ha già allestito per il
TSC Scusate la polvere, ma anche
Come
spiegare la storia del Comunismo ai malati di mente di Visniec, Non
muore nessuno di Perroni, Ifigenia
di Eliade, accanto alla lettura innovativa di un classico come Cavalleria rusticana. Scene e costumi sono di Giuseppe Avallone, le
musiche originali di Papaceccio MMC e Francesco Santalucia, le luci di Franco Buzzanca.
Sulla scena agisce un trio di attori. Non ha bisogno
di presentazioni David Coco (il marito), artista etneo da anni beniamino della
platea teatrale, televisiva e cinematografica nazionale. Catanese anche Valeria
Contadino (la moglie), reduce dai successi riportati in tournée nei maggiori
teatri della penisola con Se’ nùmmari
di Rizzo (altra produzione TSC) e L’importanza di chiamarsi Ernesto di
Wilde. Pugliese è infine Elena Cotugno (Ludmila), allieva di Vasiliev
ed interprete principale di numerosi spettacoli firmati
da Borgia.
Prende così voce e corpo
il triangolo imperfetto su cui è costruita L’indecenza: un uomo, una donna,
una colf ucraina. Poi una casa e un giardino lussureggiante e feroce. Nasce
così, dal legame ambiguo e trascinante di questi cinque "personaggi" - tre
umani, una casa e un giardino - lo sviluppo del racconto
originale e
visionario di Elvira Seminara, un "tropical-gothic", come qualcuno ha scritto.
Una casa che diventa una trappola, piena di ombre e di insidie; una natura
cannibalesca e sensuale; una coppia ferita da un trauma irrisolto; una ragazza
candida e crudele, e uno spazio che muta, si sgretola e marcisce, trascinando un
mondo - forse l'Occidente - alla deriva.
Ludmila, la straniera, è l'Altro, è l'estraneo
nell'intimità, è il perturbante. Ma è anche l'incanto di un mondo nuovo, fresco,
fecondo. Da quando varca la porta di quella casa in Sicilia - una Sicilia
turgida e fosca, molto lontana dall'iconografia tradizionale - nulla è più come
prima. Cambiano i posti e i nomi delle cose, il loro accento. Cambia lo sguardo
dei protagonisti, mentre la crepa fra loro si allarga, diventa una voragine di
carnalità e mistero che inghiotte ogni cosa. Anche il lettore, che non è più
spettatore, ma coprotagonista, chiamato a prendere una posizione.
«Perché L'indecenza - dice Elvira Seminara
- mette in scena lo scandalo della solitudine. E quel pozzo oscuro di ambiguità
e paura in cui si specchia, danzando sul bordo, il nostro
presente».
Le fa eco Gianpiero Borgia: «L’indecenza - osserva
nelle note di regia - è ciò che non esplode e si muove appena sotto la linea
della coscienza. Mi interessava insistere registicamente su uno specifico:
l’ambiguità dell’indecenza nel subconscio di ognuno, che è anche ambiguità dei
fatti che accadono nella vita di ognuno. Ho voluto portare il pubblico in una
dimensione voyeristica, che non avremmo potuto ottenere in un teatro e meno che
mai su un palcoscenico. Per questo ci siamo spostati nei locali della Scuola
d’Arte drammatica del Teatro Stabile di Catania. Lì possiamo nascondere gli
spettatori dietro le pareti o il mobilio di una casa, dietro muri così sottili
che è impossibile non spiare e dove il percepito è tanto intrigante per la
propria immaginazione, quanto ambiguo nel suo effettivo
attuarsi».
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