Crisi d'impresa e organi di controllo: Sicilia ancora indietro
CATANIA – Scatta il
countdown per le società a responsabilità limitata che non hanno ancora
provveduto a nominare il proprio organo di controllo. In Sicilia solo il 20%
delle imprese è in regola, la restante parte dovrà provvedere entro aprile
2020.
L’articolo 6
bis del decreto Milleproroghe farebbe infatti slittare il termine ultimo per
adeguare gli statuti delle società di capitale e istituire gli organi di
controllo entro la data di approvazione dei bilanci d’esercizio del 2019.
Ma qual è
l’utilità di questo strumento? Il revisore,
il collegio sindacale o il sindaco unico hanno il duplice ruolo di vigilanza
e “allerta”, segnalando in maniera tempestiva le prime avvisaglie di una
crisi aziendale da arginare con adeguati strumenti di pianificazione.
Questo
l’argomento al centro del focus formativo organizzato da Ance Catania
insieme con l’Ordine dei dottori commercialisti ed esperti
contabili del capoluogo etneo. «Le imprese edili, com’è noto, soffrono di
una forte crisi di liquidità - afferma il presidente Ance Catania Giuseppe
Piana - è difficile allineare le entrate alle scadenze previste dai
contratti. Stiamo perdendo l’entusiasmo a causa dalle complicazioni normative
con cui dobbiamo fare costantemente i conti». Gli fa eco il consigliere
dell’Ordine dei Commercialisti Fabrizio Leotta: «Questi sono argomenti
caldi tanto per le imprese quanto per i professionisti – spiega – è davvero
complicato adeguarsi alle continue e incalzanti modifiche normative, quindi i
momenti di confronto formativo con le altre categorie professionali, con le
quali lavoriamo sinergicamente, sono sostanziali».
Secondo il
codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, la nomina dell’organo di
controllo diventa obbligatoria nell’ipotesi in cui la società abbia, per due
esercizi consecutivi, almeno uno dei seguenti parametri: quattro milioni di
euro di attivo dello stato patrimoniale, quattro milioni di ricavi e venti
dipendenti. Conti alla mano «in Italia le società interessate alla nomina
sarebbero circa 100mila – incalza Dario Scelfo, dottore
commercialista, relatore dell’incontro – a livello nazionale la regione più
attenta è stata l’Emilia-Romagna, dove circa il 35% delle imprese ha già
nominato il revisore. Lo spirito della norma è quello di superare le criticità
degli ultimi anni, evitando in sostanza che l’imprenditore chiuda le
saracinesche: un tentativo di porre rimedio all’inizio del processo di crisi, e
non alla fine, quando la situazione diventa irreversibile».
A concludere
il confronto è stato l’avvocato Fabrizio Belfiore che ha posto
l’attenzione sul concordato negli appalti pubblici, distinguendo l’ipotesi della
partecipazione da quella in cui il concordato interviene in sede di
realizzazione dell’opera pubblica. «In un periodo di così profonda crisi -
aggiunge - siamo costretti a trovare strumenti di carattere giuridico per
superare la posizione debitoria delle imprese e per dare l’opportunità ad esse
di intraprendere un percorso di risanamento e ritorno ad una capacità
piena».
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