Premio Internazionale di giornalismo “Maria Grazia Cutuli” a Tobias Piller, Safiye Alagas, Antonio Denti e Marta Bellingreri
Premio
al giornalismo di frontiera, praticato
dove la terra brucia. Si è svolta sabato sera, nella splendida location del
Cine Teatro Eliseo di Santa Venerina, la cerimonia di premiazione della quindicesima
edizione del Premio Internazionale di Giornalismo
intitolato a Maria Grazia Cutuli, l’inviata del Corriere della Sera uccisa in
Afghanistan il 19 novembre del 2001.
I
vincitori sono stati quattro: due per la sezione “Stampa Estera”: il giornalista tedesco Tobias Piller, corrispondente
dall’Italia del quotidiano tedesco Frankfurter Allgemeine Zeitung; oltre al
lavoro da corrispondente, si è anche impegnato all’Associazione della Stampa
Estera in Italia, l’unione di 350 corrispondenti che lavorano in Italia,
presiedendola nei periodi 2007 – 2009, 2011 – 2013 e 2015-2017; e la giornalista curda Safiye Alagas, perseguitata da un regime spietato. A seguito della
chiusura del Pujin Neswpaper, insieme ad un gruppo di trenta donne ha fondato la Jin News Women’s Agency,
un’agenzia di stampa tutta al femminile. La Jin News è, infatti, l’estremo
tentativo di non spegnere la voce del giornalismo femminile e femminista turco.
Una vita affrontata con coraggio e professionalità tra minacce, giornali chiusi
e manette; per la
sezione “Stampa italiana” il giornalista catanese Antonio Denti, dal 1998 cameramen- reporter per l’agenzia di stampa
internazionale Reuters. Con la Reuters ha coperto i conflitti in Medio Oriente,
i terremoti del centro Italia, le vicissitudini di tre Pontefici, le tragedie
delle migrazioni, la grande eruzione dell’Etna del 2002; per la sezione “Giornalista siciliano emergente” Marta Bellingreri: 33 anni, di Palermo, giovane giornalista indipendente ha
realizzato reportage dal Medio Oriente dimostrando notevole capacità e
coraggio; Marta è anche autrice, insieme all’ex sindaca di Lampedusa Giusi
Nicolini del libro – intervista “Lampedusa. Conversazioni su isole, politiche e
migranti “.
Un
premio istituito per onorare la memoria di una giornalista che dava voce alle
periferie del mondo. Un motivo di orgoglio per il sindaco di Santa Venerina Salvatore Greco che ha così
commentato: “Nel 2004, il Comune di Santa
Venerina, nell’istituire questo premio, ha preso l’impegno di onorare la
memoria di Maria Grazia, le cui spoglie sono seppellite a Santa Venerina, nel
piccolo cimitero di Dagala del Re. Il premio è anche un’occasione di
approfondimento e di dibattito. Il valore aggiunto del premio sono anche i
premiati che sono tutti di livello. Un ringraziamento particolare voglio
rivolgere al segretario del premio, Francesco Faranda, a al giornalista Antonio Ferrari. Un grazie anche a Sabina
Cutuli, sorella di Maria Grazia, che non fa mancare mai la sua presenza”.
Maria
Grazia Cutuli, a cui è dedicato il premio, accendeva i riflettori sulle storie
degli ultimi. Durante la serata sono stati letti alcuni articoli significativi
scritti dalla Cutuli affidati alla voce di Patrizia Salerno.
Momenti di riflessione sono stati
innescati dalla tavola rotonda dal titolo “Gli anni ’20 del 2000: l’Europa e il
Mediterraneo” a cui ha partecipato la vice ministro degli esteri Serena Marini,
l’editorialista del Corriere della Sera Antonio Ferrari, la responsabile di
Amnesty International Sicilia Chiara Di Maria.
Toccante la testimonianza della giornalista
curda Safiye Alagas: “In Turchia i
giornalisti rischiano la vita. Criticare il governo equivale ad essere
considerati nemici del governo. La scorsa settimana sono stati arrestati due
giornalisti. Noi che facciamo giornalismo prendiamo esempio da Maria Grazia che
ha dato la sua vita per dire la verità. Nel 2006 è stata chiusa la redazione
presso cui lavoravo. Negli ultimi anni in Turchia sono state chiuse ben 132
redazioni. Per noi donne fare
giornalismo significa resistere. Noi non
possiamo non scrivere la verità. I giornalisti in Turchia non hanno la tessera
giornalistica. Se ci vedono con la macchina fotografica ci cancellano le
immagini. Siamo costrette a fotografare con i cellulari. L’operazione fatta dalla Turchia è l’occupazione di un
altro territorio, ma dire ciò è rischioso. La vita è difficile non solo per i
giornalisti ma anche per la gente comune. Non è possibile esprimere un’opinione
su Facebook o su Instagram. Chi lo fa rischia la vita perché considerato nemico
del regime. E’ vietato manifestare o
stare in piazza”.
Safiye
Alagas pur
perseguita dal regime lancia un grido di speranza: “I sindaci eletti dal popolo sono stati arrestati e messi in carcere. I
Comuni in cui si erano svolte le elezioni sono stati commissariati per ben tre
volte. Il Governo non rispetta l’opinione pubblica che ha espresso un voto. Si
tratta di sindaci votati dal 75% della popolazione. Noi giornaliste curde
potremo essere anche uccise ma dopo di noi ci sarà qualcuno che continuerà il
nostro lavoro!”.
La giornalista Daiana Paoli di
Rai News 24, che ha condotto la cerimonia di premiazione aggiunge: “Non ci può essere democrazia dove non c’è libertà di stampa. Abbiamo
bisogno di giornalisti coraggiosi che ci facciano capire cosa sta accadendo nel
mondo. Safiye che è donna, curda e giornalista è un
concentrato di coraggio desiderosa di cambiare il mondo”.
“Il
popolo curdo – dice
l’editorialista del Corriere della Sera Antonio
Ferrari – è il più tradito di sempre.
Mentre i Palestinesi hanno sempre ricevuto la simpatia del mondo, i curdi no.
In Turchia, oggi fare giornalismo è molto duro, bisogna avere molto coraggio e
tenere la schiena dritta. Io personalmente non ho mai creduto alla teoria del golpe. Troppi
elementi che non mi hanno mai convinto. Piuttosto questo è quanto hanno voluto
farci credere. Qualcuno mi ha ricordato che in Turchia ci sono ben 1500 imprese
italiane. Ma ciò non può non farci dire la verità”.
Sulla stessa lunghezza d’onda
anche la vice ministro degli Esteri Serena
Marini: “Ho preso posizione contro la scelta della Turchia. Ho condannato un’operazione militare che ha
avuto effetti negativi sulla popolazione. I curdi sono stati abbandonati e sono
in guerra da otto anni. Erdogan vuole far tornare una parte dei rifugiati
siriani nei villaggi occupati dai curdi. Io penso che i profughi dovrebbero
poter tornare nei propri villaggi e non in quelli che erano occupati da altri.
In Turchia c’è un consenso nazionalista nei confronti di Erdogan anche a prezzo
della libertà”.
La giornalista siciliana
emergente Marta Bellingreri, da poco
rientrata dalla Siria, racconta le difficoltà in cui si trova ad operare un
giornalista: “La sensazione che ho
provato è di un profondo senso di
solitudine. Mi sono sentita schiacciata da più lati: da un lato dalla Turchia,
dall’altro dal regime siriano. C’è lo sconforto di una guerra che sembra senza
fine. Non dimentichiamo, inoltre, che la situazione è divenuta particolarmente
pericolosa perché molti prigionieri dell’ISIS sono riusciti a scappare dalle
prigioni grazie alle bombe lanciate dalla Turchia”.
Chiara
Di Maria,
responsabile per la Sicilia di Amnesty International afferma: “Grazie ai giornalisti possiamo conoscere
delle realtà che altrimenti non potremmo conoscere. L’Europa ha accordi con la
Libia e la Turchia e ciò a scapito dei diritti umani. Al di là di tutti gli
stereotipi voglio lanciare una riflessione: ‘Chiunque di noi lascerebbe la
propria casa se sta bene a casa sua?’”
Nel primo pomeriggio di sabato, invece, nel piccolo cimitero di Dagala
del Re (frazione di Santa Venerina), che ospita le spoglie della giornalista
assassinata in Afghanistan, si è svolta una breve commemorazione di Maria
Grazia Cutuli.
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