venerdì 13 novembre 2015

Successo per la presentazione del 4x10 primo numero della collana "Quadernetto di poesia contemporanea"





Ieri pomeriggio, nella Facoltà di Lettere e Filosofia di Catania (Dipartimento di Scienze Umanistiche), è stato presentato il numero inaugurale della collana «Quadernetto di poesia contemporanea», intitolato «4x10», in collaborazione con il Comitato di Catania della Società Dante Alighieri, presieduto dal prof. Dario Stazzone, curato da Grazia Calanna insieme allo scrittore e critico letterario Orazio Caruso. Con l’editore Alfio Grasso (Algra) e gli autori (Chiara Carastro, Antonio Lanza, Michele Leonardi e Pietro Russo), è intervenuto, in qualità di relatore, il prof. Giuseppe Savoca (ordinario di Letteratura italiana moderna e contemporanea, dell’Università di Catania).

 

FONTE: quotidiano LA SICILIA del 12/11/2015

articolo di GRAZIA CALANNA

 

Un progetto culturale al quale abbiamo scelto di aderire nella ferma consapevolezza che, per dirla con le parole del poeta Andrea Zanzotto, la poesia “è sempre più di attualità perché rappresenta il massimo della speranza, dell'anelito dell'uomo verso il mondo superiore”. Inaugurato dai versi di quattro giovani siciliani (come i curatori e l’editore che lo ha accolto), acceso dal fulgore di una terra di per se stessa poetica (e non soltanto per tradizione). Le riflessioni che seguono, sono estrapolate dalla prefazione e integrate da una rapida selezione di versi.  La collana reca il simbolo della “x” da intendere, coerentemente con la nostra concezione di poesia, nella duplice accezione di moltiplicatore e di incognita. Chiara Carastro è l’unica, giovanissima, figura femminile del quartetto («è così che cresci a vent’anni / come un pozzo che teme la superficie. / e solo tre parole da ricordare.»). L’apprendistato della sua scrittura viene dalla musica. E si sente. Svincolata dalle prerogative della forma, con inclinazione che, lontani dal voler dare definizioni, potremmo dire iperbolica, tende l’arco vitale lanciando la lucida freccia dello “spaesamento adolescenziale”. Quella di Antonio Lanza è una poesia sorvegliatissima, gravida di osservazioni e sottigliezze letterarie presenti finanche nell’intermezzo in prosa indispensabile alla qui presente sezione estrapolata dall’inedita “Suite Etnapolis”. Dalla gestazione alla messa in opera un lavoro che, senza scheggiature o esitazioni, attingendo ai container dei centri commerciali (microcosmi integrali), riproduce il paesaggio antropico del mondo contemporaneo («Un diffuso stato di allarme, inudibile / perché chiuso nel buio dei polsi, / nei turni trascorsi / in solitaria»). La parabola poetica di Michele Leonardi simpatizza con la musicalità del verso inciso da ricercati riferimenti. L’autore riprende sul foglio l’esperienza professionale di cineasta sceneggiando, inquadrando, focalizzando per mezzo di una parola potente, reattiva rappresentazione allegorica dell’esperienza vissuta e dell’inappagata quanto inesausta tensione conoscitiva («Leggimi le braccia, i palmi: /  sui polpastrelli l’acqua / ha inciso in braille la cifra del / tormento. »). I versi di Pietro Russo accolgono la proiezione di uno spazio psichico ovattato dal silenzio, un «silenzio più grande dei nostri anni», un silenzio che respira nel verso divenendone parte. Senza volerla cristallizzare, una poesia loica, lapidaria («Il fallimento, padre, di queste mani / che schermano tramonti e la vergogna / per un altro giorno; dell’amore / alla fine, che muore.»), i cui momenti essenziali, nell’eguale rovescio della vita, sono il tempo e la morte. Dall’ultimo scorcio del Novecento - sottolinea Caruso nella postfazione -, è prevalso tra gli autori più autorevoli un atteggiamento laico, né apocalittico né integrato, ma, comunque, assuefatto alla marginalità culturale. L’itinerario di chi scrive versi si è fatto ancora più intimo, vissuto nei paraggi della diffusione editoriale di massa, col rischio di divenire talmente riservato da scomparire agli occhi delle persone comuni ed essere rivolto solo a un pubblico di critici, di specialisti ed “iniziati”. In questo contesto molti si chiedono se “sia ancora possibile la poesia”. Benché il sentiero sia sempre più stretto e angusto, la poesia, tuttavia, riaffiora sotto mentite spoglie negli interstizi non ancora monetizzati, nel bisogno di scambi gratuiti, nelle scuciture impreviste del sistema, tra le maglie della rete, nel ritorno prepotente all’oralità sociale, alla lettura in pubblico, al confronto viso a viso con le persone reali. Le grandi concentrazioni editoriali si apprestano a congedarsi dalla poesia perché badano solo ai numeri e al mercato. L’unico linguaggio che comprendono è quello della matematica finanziaria, l’unico critico che ascoltano è quello che fa pendere i bilanci dalla parte del guadagno. Ma non bisogna disperare perché si aprono ampi spazi di manovra per avventure editoriali nascenti, a condizione che sappiano cercare e riconoscere, nell’informe scarabocchio della comunicazione globale, i nuovi poeti, spingendoli a emergere e dandogli il giusto rilievo».

GRAZIA CALANNA

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