Persona morta facendo elettrocardiogramma in farmacia. UAP e Cimest: "Le farmacie non sono presidi sanitari"

È in primo piano la notizia che è morta in farmacia una persona che si
era andata a sottoporre ad un elettrocardiogramma. "Occorre dare le giuste
informazioni ai cittadini italiani – precisa Mariastella Giorlandino,
presidente di UAP (Unione Nazionale Ambulatori, Poliambulatori Enti e
Ospedalità Privata) insieme a Salvatore Calvaruso, Salvatore Gibiino e Domenico
Garbo, rispettivamente presidente e consiglieri del Cimest (Coordinamento
Intersindacale Medicina Specialistica di Territorio) –. Non si può far passare
messaggi fuorvianti che fanno erroneamente credere che le farmacie siano
presidi sanitari, perché non lo sono e fatti come quelli accaduti oggi
purtroppo lo dimostrano. Dobbiamo ricordarci che le farmacie svolgono attività
commerciale in virtù di una mera autorizzazione comunale, non hanno nessuna
autorizzazione regionale all’esercizio di attività sanitarie, come invece è
richiesto per tutte le strutture sanitarie, non possiedono i 420 requisiti
strutturali, tecnologici e organizzativi richiesti alle strutture sanitarie e
soprattutto non possiedono apparecchiature adeguate, spazi adeguati e personale
medico specializzato".
"Probabilmente - aggiungono -, se queste informazioni basilari
fossero state fatte veicolare correttamente, l’ignaro cittadino colpito da un
malore non sarebbe andato in farmacia per fare un elettrocardiogramma, dove non
sono formati ad effettuare massaggi cardiaci, ma soprattutto dove non c’è
personale medico in grado di comprendere la situazione, ma sarebbe andato
presso un vero presidio sanitario: cioè una delle 27.000 strutture sanitarie
presenti in tutto il territorio (ambulatori, poliambulatori, ospedali o clinica
privata accreditata) dove il personale medico specializzato avrebbe subito
compreso la situazione e avrebbe cercato una soluzione (iniettando adrenalina
in caso di asistolia o un antiaritmico in caso di aritmia) anziché attendere la
morte del paziente in attesa dell’esito dell’elettrocardiogramma. Probabilmente
l’esito sarebbe stato comunque infausto, ma almeno il paziente avrebbe avuto
assistenza medica, anziché la vendita di un prodotto".
Per queste ragioni, UAP e Cimest chiedono al Governo e al Ministero della
Salute: chiarezza di informazioni e garantire che chi eserciti attività
sanitaria possieda gli oltre 420 requisiti richiesti dalla normativa in vigore,
ai quali sottostanno tutte le strutture sanitarie, così come peraltro
recentemente ribadito dalla sentenza del TAR Sicilia, per continuare a
garantire il diritto alla salute costituzionalmente tutelato dall’art. 32 e non
trasformare la sanità in business in mano alle Lobbies.
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